L’ Italian Coworking Survey 2020 (ICSurvey 2020) è stata realizzata per raccogliere dati sulla situazione in cui coworking e altri spazi condivisi di lavoro durante questa prima fase di emergenza a seguito della diffusione della pandemia Covid-19.
71 organizzazioni che gestiscono 188 spazi di coworking in Italia, ovvero il 25% degli spazi in Italia, hanno risposto alle nostre domande.
In questo momento di grande difficoltà gli operatori del settore del coworking auspicano alcune chiare misure a supporto del mantenimento della loro attività.
Per far fronte ai primi mesi di chiusura o di drastica riduzione di tutti i servizi (vedi articolo sulle emergenza covid-19 e coworking: prime conseguenze) la sospensione degli affitti costituirebbe un modo per poter resistere nei primi mesi senza perdite insostenibili. Le strutture che ospitano i coworking sono in gran maggioranza in locazione (da privati o da enti pubblici) e solo una piccola parte sono in concessione o di proprietà, anche nel nostro campione oltre il 50% è in fitto ad un privato e presumibilmente ben oltre il 75% se si considera una quota di organizzazioni con più spazi che hanno rapporti misti di proprieta/locazione e quelli che sono in fitto da enti pubblici.
Nel complesso gli affitti costituiscono la maggiore voce di spesa di uno spazio di coworking in Italia (vedi anche le vizzes ICSurvey 2018) e pertanto si comprende l’interesse verso una misura dello stato che supporti questa voce di spesa.
Dopo la prima fase, gli operatori del settore indicano come importante anche un pacchetto di stimolo economico specifico per i coworking e misure per abbassare il carico fiscale di questo periodo, queste ultime in parte già adottate.
Il pacchetto di stimolo è indicato soprattutto dai coworking al di sotto dei 1000mq che alla ripresa potranno stentare a recuperare i clienti (dipenderà sopratutto delle regole sociali definite) o a procacciarne di nuovi attraverso una nuova offerta. A quel punto potranno avere pochi margini e liquidità per riuscire a ricostruire una community creata in anni di lavoro.
Meno condiviso, ma ancora rilevante per i coworking managers, è un eventuale intervento di riduzione o supporto sulle utenze (soprattutto per gli spazi oltre i 1000mq), seconda voce di spesa per moltissimi coworking (vedi anche qui la ICSurvey 2018 sulle entrate e uscite dei coworking).
Sono percepiti invece come meno utili misure come 1) il credito di imposta sulla locazione – che non ovvierebbe al problema immediato della liquidità, 2) i prestiti agevolati soprattutto in questa fase di tentativo di contrazione delle voci di spesa degli spazi e 3) l’indennità di lavoro di breve durata e Cassa integrazione guadagni, infatti come si vede nelle azioni possibili a fine anno (più sotto) sono pochi i coworking che prevedono di ridurre il personale.
Parola d’ordine: Venire incontro ai membri e cambiare approccio
Nel frattempo gli operatori hanno intrapreso una serie di azioni per trattenere i propri membri e a ridurre gli effetti della crisi in questi primi mesi.
La più diffusa è la sospensione della fatturazione per i membri che non usufruiscono del servizio, in alcuni casi si lavora allo slittamento e rateizzazione degli importi.
Per i piani flessibili alcuni spazi permettono di cumulare e recuperare nei mesi successivi gli ingressi (13%), mentre sono meno quelli che hanno adottato una politica di prezzi più bassi sia per i vecchi che per i nuovi membri (soprattutto le organizzazioni in ambito profit).
Fra gli spazi di grandi dimensioni, si adottano politiche specifiche che incentivano la decisione di cancellazione ai mesi successivi.
Una buona fetta di operatori del settore hanno indicato la volontà di adottare una nuova strategia di marketing e si definiscono piani e offerte specifiche ritagliate sui membri e su quelle aziende e lavoratori che possono essere potenziali clienti, così come si creano nuovi piani per membership virtuali e nuovi servizi.
Guarda i dati con le nostre vizzes. Se preferisci scarica i dati e contribuisci alla ICSurvey 2020.
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