Che significa per queste donne realizzare il loro progetto imprenditoriale in un ambiente totalmente al femminile?
Innanzitutto, stiamo parlando di spazi di coworking gestiti da donne e destinati alle sole donne. È un trend, questo, che ha preso soprattutto oltreoceano. Un esempio? A New York, infatti, dal 2016 c’è “The Wing”, spazio di coworking fondato da Audrey Gelman e Lauren Kassan. Ma oltre quei desk rosa e dorati, c’è qualcos’altro ad attirare l’attenzione di professioniste ed imprenditrici; non potrebbe essere altrimenti, conosciuto come “co-working & community designed for women”.
Ma perché uno spazio non tradizionale piace così tanto? La domanda da un milione di dollari che dovremmo porci è perché mai le donne abbiano bisogno di uno spazio pensato esclusivamente per loro per poter lavorare in serenità, sia come libere professioniste, sia come imprenditrici, e realizzare la propria idea di business.
Le risposte divergono, ma forse un punto in comune esiste nell’unica richiesta che, seccamente, si leva: in uno spazio di lavoro pensato per le donne calza a pennello per le esigenze delle donne. No, non stiamo parlando dei makeup kit lasciati a disposizione delle coworkers newyorkesi, ma di qualcosa di più profondo.
Donne che sentono il bisogno d’incontrarsi altrove, in un luogo off limits per gli uomini. Perché mai la presenza maschile ostacola così tanto l’imprenditorialità femminile? Prendiamo in esame, ad esempio, il coworking baluardo del girl power: The Wing. Basta dare un’occhiata al loro magazine “No man’s land” per rendersene conto.
Qui, più in ogni altro posto, dicevamo che non solo i makeup products fanno la differenza: è tutto un inno al potere alle donne, le quali si sentirebbero maggiormente a loro agio in un ambiente privo della pressione maschile. Quanto del nostro bagaglio culturale ci portiamo dietro? Oltre la patina di positività e di forza propugnato da The Wing, ci sono un gruppo di donne, magari professioniste o giovani imprenditrici che si scoprono produttive solo in un ambiente di pari (genere).
La maggior parte delle donne ha dichiarato, infatti, di sentirsi più a proprio agio senza figure maschili. In uno spazio pensato specificamente per esigenze femminili, si sentono protette e al contempo incentivate a realizzare i propri progetti imprenditoriali. E poi ci sono quegli spazi come “Rise”.
Rise è un coworking statunitense la cui CEO, Stacy Taubman, non ha bandito del tutto l’uomo; il suo spazio, infatti, è men friendly, ma i riflettori sono comunque puntati maggiormente sulla figura femminile. E per loro, infatti, ha attivato un servizio interessante di membership per le ragazze delle scuole superiori, garantendo loro non solo un posto dove svolgere i compiti, ma soprattutto la presenza di mentors che queste giovani donne possono prendere come modello per diventare, forse, un giorno, le imprenditrici del domani.
C’è davvero bisogno di uno spazio di coworking per sole donne per incentivare l’imprenditorialità femminile?
Ancora una volta, i pareri divergono. Anche se paradossalmente non è al grido del femminismo che si uniscono le esigenze di tutte le donne che scelgono di investire tempo e denaro in uno spazio solo per loro. Attutendo un po’ i toni, sarebbe più una questione di comodità, anche di costumi, a far scattare il trigger. E a parte il fatto che già così si potrebbe parlare di femminismo, senza addentrarci troppo nel merito, ci basti qui solo riconoscere che esistono più femminismi.
Eppure, si parla di molti progetti e finanziamenti per favorire l’imprenditoria femminile, e senza spostarci troppo lontano dall’Italia. Il problema allora non sarebbe un ostacolo all’imprenditorialità, ma la volontà di far parte di una community quasi elitaria, dove si fa un networking di qualità. È, dunque, in ultima analisi, la capacità delle donne di saper costruire legami forti che spinge le stesse a preferire spazi più simili a club che uffici?
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Roberta Fabozzi da Startup Studio
È grazie alla forte passione per il giornalismo che si è specializzata nel mondo della comunicazione, e iI passo verso il marketing è stato breve. Oggi, Roberta ha scoperto finalmente la sua dimensione: il Content Marketing
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